Un libro d’oro e d’argento

Un libro d’oro e d’argento è un viaggio affettuoso intorno alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, un libro che malgrado sia stato pubblicato nel 1973 non ha mai smesso di sorprendere per la sua attualità.

Grammatica della fantasia è un libro che racconta una stagione di grande fiducia nei confronti dell’educazione come strumento di emancipazione per tutti “non perché tutti siano poeti ma perché nessuno sia schiavo” come è scritto nell’Antefatto.

Le scienze nella Grammatica della fantasia rivestono una posizione fondamentale, Rodari è un appassionato lettore di opere di divulgazione scientifica abbonato a Science. Crede che la tecnologia debba essere guardata con curiosità e insegnata con fiducia.

Per impadronirsi fino in fondo del reale, delle sue leggi, rimodellarlo diventa un modo possibile anche grazie alle scienze. Rodari, riflettendo su questo punto, cita un libro oggi dimenticato ma, effettivamente, ancora sorprendente. L’ha scritto un maestro, Silvio Ceccato, lo pubblica Bompiani nel 1972 e si intitola Il maestro inverosimile. Un libro che «ha già dimostrato che con i ragazzi non bisogna aver paura di parlare di “cose difficili”: con loro è più facile sbagliare per sottovalutazione che per sopravvalutazione» (p. 173). Il libro di Ceccato è una incredibile (inverosimile) dimostrazione di come, attraverso il dialogo, i bambini possano arrivare a comprendere regole che attengono alla loro educazione in tutti i suoi aspetti. Basta guardare l’indice dove figurano le parole che vengono discusse in classe: «astratto e concreto», «classificare», «elemento», «essere», «fine», «futuro», «frammentazione nell’osservazione» e moltissime altre.

Che Grammatica della fantasia sia un libro importantissimo per ripensare la didattica della matematica se ne rendono conto da subito alcuni docenti universitari della disciplina. Lo racconta Lucio Lombardo Radice nel 1974, riferendosi al congresso nazionale della Società «Mathesis». Una società che raggruppa gli insegnanti di matematica delle scuole di ogni ordine e grado, e che ha proprio l’insegnamento della matematica al centro del suo interesse.

In questa circostanza Vittorio Checcucci, docente dell’Università di Pisa, afferma che tre sono le persone alle quali è più riconoscente per l’aiuto che gli hanno dato a progredire nella comprensione della scuola e dell’insegnamento che in essa si dovrebbe dare: Jean Piaget, Lorenzo Milani e Gianni Rodari. «Credo che tutti i matematici perplessi, una volta letta questa finora inedita Grammatica, abbiamo compreso cosa aveva in mente Vittorio Checcucci, amante dei paradossi, ma dei paradossi seri».

La Grammatica della fantasia educa la mente a lavorare attraverso schemi logici formali tipici della matematica e delle scienze più in generale. Il rovesciamento è una operazione essenziale nella sperimentazione fisica e nella ricerca aritmetica. «Una reazione chimica è invertibile, o no, e a quali condizioni? Scambiando l’ordine dei numeri che si compongono con una data operazione, il risultato cambia o no?». E ancora: «L’immaginazione non è una qualche facoltà separata della mente: è la mente stessa, nella sua interezza, la quale, applicata ad un’attività piuttosto che ad un’altra, si serve sempre degli stessi procedimenti» (p. 20).

Anche le scienze naturali interessano da sempre Rodari: le classificazioni ritornano spesso, in

cielo, con i nomi dei pianeti e delle stelle, così come in terra. Con un inatteso omaggio a Antonio Gramsci. Credo, infatti, ma non ne sono sicura, che in quella bellissima filastrocca dal titolo Come si chiamano gli uccelli vi sia una esplicita citazione di una delle lettere più commoventi di Gramsci al figlio Delio, quella del 22 febbraio 1932: «Caro Delio, mi è piaciuto il tuo angoletto vivente coi fringuelli e i pesciolini. Se i fringuelli scappano talvolta dalla gabbietta, non bisogna afferrarli per le ali o per le gambe, che sono delicate e possono rompersi o slogarsi; occorre prenderli a pugno pieno per tutto il corpo, senza stringere. Io da ragazzo ho allevato molti uccelli e anche altri animali: falchi, barbagianni, cuculi, gazze, cornacchie, cardellini, canarini, fringuelli, allodole, ecc.; ho allevato una serpicina, una donnola, dei ricci, delle tartarughe».

L’elenco, la classificazione, il principio del metodo scientifico si sposa perfettamente per Rodari con la poesia. Grammatica della fantasia appare, in questo senso, come una delle risposte, certo la più poetica, a uno dei testi più discussi degli anni Sessanta: Le due culture di Charles Percy Snow. Snow, romanziere e scienziato, nel suo libro pubblicato nel 1962 da Einaudi ha accusato i letterati di essere privi di ogni minima cultura scientifica e per questo reazionari e rivolti, come l’Angelus Novus raccontato da Walter Benjamin, costantemente verso il passato che vedono ridotto a cumulo di macerie. No, sembra dire Rodari, poesia e scienze stanno insieme sotto il segno dell’immaginazione. Come dimostrano perfettamente le figure di Galileo Galilei o di Isaac Newton, che Rodari cita spesso. Così come ho iniziato questo capitolo, per chiuderlo, vorrei ricordare un altro grande divulgatore scientifico scomparso di recente, Piero Angela, che, intervistato dalla Rai su Le due scienze di Snow, con la sua consueta e mirabile chiarezza, tanti anni fa, ha risposto: «Non bisogna fare soltanto una tecnologia a misura d’uomo ma anche uomini ed intellettuali a misura di tecnologia».

Una frase che Rodari avrebbe sottoscritto in pieno e chissà se Angela pensava proprio a lui e alla sua Grammatica quando, nell’intervista, affermava che Le due culture era stato «un sasso nello stagno» del dibattito dei suoi tempi?

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