Guido Rossa, gli anni Settanta e il terrorismo

19 luglio 2016

Gli anni Settanta sono sicuramente il decennio più saccheggiato dai nostri giornalisti per questioni probabilmente anagrafiche: o li hanno vissuti, o li hanno sognati, comunque spuntano sempre per paragoni più o meno discutibili.

Il decennio più lungo del secolo breve, gli anni di piombo, formidabili, orribili, le riforme, il terrorismo, eravamo giovani, eravate giovani, insomma ci troviamo sempre a confrontarci con questa manciata di anni.

Ora però arriva Gramellini sulla stampa che tira fuori dalla manica l’asso Guido Rossa .

Guido Rossa, per me che sono cresciuta a sinistra, e poi per inciso ho studiato storia, è l’alfa e l’omega del “mo’ ti spiego”.

Si tira fuori quando bisogna fare un esempio chiaro sui motivi per cui il terrorismo “a un certo punto” ha proprio preso un abbaglio.

Si tira fuori quando si parla dello scollamento fra un movimento che si credeva braccio armato, avanguardia delle masse operaie e invece mi sa che no, non lo era per niente se ammazzava i sindacalisti compagni (se mai lo era stato poi).

Si tira fuori insomma per un discorso tutto interno, a sinistra, nel quale i volti, nomi, le scelte sono precise, le ideologie scolpite, cristalline nella loro atrocità. Non si tira fuori  di solito per parlare di gesti “spontanei” per quanto ammantati di ideologia.

Lo spontaneismo è un fenomeno mica nuovo in effetti, se ne può andare a cercare la storia pure su wikipedia, è un attimo. Sparare a qualcuno, sparare nel mucchio e poi dire: l’ho fatto per motivi ideologici.

C’erano i fascisti che consigliavano di farlo negli anni Settanta, non i rossi, Gramellini, che quelli sparavano convinti sapendo bene chi colpivano, come Guido Rossa appunto.

Non che serva a spiegare niente di quello che succede oggi eh. Ma insomma se proprio vogliamo scomodarli gli anni Settanta almeno facciamo l’esempio giusto.

 

4 Comments

  1. Dico che prendere a pretesto Guido Rossa per parlare degli anni settanta è come usare Loris Malaguzzi per accusare di oscurantismo demo-cattolico la scuola degli anni ‘50, con tanto di citazione dei morti di Modena

      1. Ho ascoltato il suo ricordo di Loris Malaguzzi su Radio3. Oggi lei ha equiparato la scuola italiana del dopoguerra ad una specie di luogo di coercizione mentale e di tortura psicologica, rappresentando la scuola ideata da Malaguzzi come l’unica esperienza di vera accoglienza e ascolto dei minori. Lei sa bene che la scuola la fanno le persone che ci lavorano, non il ” Metodo” applicato. Cioè? Un pò come ha fatto Gramellini con Guido Rossa. Ecco tutto

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