La fantasia è un posto dove ci piove dentro
Italo Calvino
Calvino scriveva «il problema della priorità dell’immagine visuale o dell’espressione verbale (…) inclina decisamente dalla parte dell’immagine visuale». Ogni racconto, secondo l’autore delle Lezioni, deve fare i conti con la potenza delle immagini.
Calvino si soffermava, allora, sulla possibilità di “pensare per immagini”, valutando positivamente l’apporto che, nella sua infanzia, i fumetti avevano recato alla sua fantasia; nello stesso tempo, però, constatava, con preoccupazione, come il bombardamento di immagini cui veniamo ininterrottamente sottoposti (attraverso la televisione) ci sovraccarichi, ci ottunda, ci seppellisca sotto “un deposito di immagini spazzatura”. Immagini che occupano la nostra immaginazione e la colonizzano. Il discorso di Calvino riportava anche in Italia alcuni temi posti, in un contesto completamente diverso, dagli studi culturali di Stuart Hall, e successivamente dalla loro declinazione post-coloniale (Stuart Hall 1980; Fagioli- Zambotti 2005) grazie ai quali si è iniziato a ragionare sulla capacità che ha ogni pubblico di mediare il messaggio, digerirlo e restituirlo sotto forma di immaginario in modo originale e comunque non meccanico (il medium non è il messaggio).
Questi due punti di vista risultano oggi particolarmente fruttuosi se messi al servizio di chi si interroga sull’attualità e sulle modalità più efficaci nella narrazione e nell’insegnamento della storia, nonché nello studio della storia delle mentalità#. La storia infatti, più di ogni altra disciplina, ha visto inclinare, «decisamente dalla parte dell’immagine visuale» l’immaginario ad essa legato: soprattutto la storia contemporanea, ma non soltanto. Il racconto per immagini della storia, d’altro canto, ha prodotto nelle comunità nelle quali è stato diffuso un immaginario, delle memorie, persino delle nuove appartenenze originali, spesso assolutamente inaspettate.
Ritorniamo dunque a quell’immaginario, di cui ragionava Calvino, e alla possibilità che abbiamo oggi di coniugare insegnamento e racconto, parola e immagine, memoria e testimonianza, al servizio di un discorso storico generatore di senso, di appartenenza, di comunità, e ovviamente, di conoscenza della storia.
Ne avessimo ancora di uomini come Italo Calvino, questo Paese sarebbe proprio diverso. E però spero e credo tu stia contribuendo a diffondere il seme della rinascita. Che non può prescindere dalla cultura, dalla storia, dalla bellezza in ogni sua forma. Ed allora, forse, ne verranno ancora. Forse.