Anita B. o della confusione tra storia e memoria

anita

Guardate questo manifesto. È il manifesto pubblicitario di un film. Il film è Anita B.di Roberto Faenza, dal 16 gennaio nei cinema. Pochi cinema, a dire la verità: il film è uscito in poche copie. Perché? Dice Faenza che il motivo risiede nella difficoltà degli esercenti di proiettare una pellicola su Auschwitz. In realtà più sensato appare il suggerimento di alcuni critici sulla stampa: il film esce in poche copie per trasformare un flop sicuro in un atto di censura, e attirare l’attenzione del pubblico. Perché il film di Faenza è un film debole, soprattutto se, come dimostra questo manifesto, il suo obiettivo è quello di posizionarsi all’interno di un discorso pubblico sulla memoria della Shoah in modo innovativo e in aperta polemica con la TV. Partiamo dunque da questa immagine, uscita su Repubblica di venerdì 10 gennaio 2014. Rimanda a una recente bagarre mediatica esplosa dopo che un concorrente di un quiz televisivo non ha saputo rispondere a una banale domanda su Hitler.
Sulla locandina del film di Faenza – in cui compare il volto di Adolf Eichmann, tra i responsabili dell’organizzazione dello sterminio degli ebrei – c’è scritto: «A quale X-Factor partecipò Adolf Eichmann?». Chi ha ideato il manifesto vuole provocare, mettendo in evidenza i danni causati alla conoscenza della storia dalla superficialità delle narrazioni televisive. Eppure la sensazione predominante, per tutta la durata del film, è quella di trovarsi proprio di fronte a una fiction di Rai Uno.

(qui) il resto dell’articolo.

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